
Ai miei tempi, Carnevale significava
fare una buona mangiata di carne di maiale dopo aver passato mezzo inverno a
patate e fagioli, broccoli, cavoli ed altre proteine vegetali.
Ai miei tempi, Carnevale significava
fare una buona mangiata di carne di maiale dopo aver passato mezzo inverno a
patate e fagioli, broccoli, cavoli ed altre proteine vegetali.
Ai miei tempi, Carnevale significava
fare una buona mangiata di carne di maiale dopo aver passato mezzo inverno a
patate e fagioli, broccoli, cavoli ed altre proteine vegetali.
“Agghju
sapùto c’ài accìsu ’u porcu” così il motivo
popolare “dàmi ’nu ‘’ntagghju di
sù vucculàru ecc.”[1]
Noi bambini sulla faccia infarinata mettevamo
una maschera fatta di carta o cartoncino che copriva solo gli occhi.

Il giovedì grasso, più noto a Firenze come Berlingàccio, era meno festeggiato del successivo martedì, l’ùrtimu jùrnu di Carnulivàru, considerato proprio come tempo irripetibile di un’epoca straordinaria.
In quel giorno la gelida aria
invernale si impregnava di fumi, di odori, sapori. La sera del
fatidico martedì si mangiavano rascatèḍḍi
cu sùcu di càrni ’i pòrcu, purpètti di patàni, savuzìzza arrustùta, fritture di
pasta mielata.
Nelle càsi
fumaròli la sera si ballava al suono di chitarre mandolini e quattro bassi.
Carnulivàru fùi di pàgghjia,
dicevano i nonni.
Carnevale era fatto di paglia.
Si accendeva rapidamente con uno scoppiettio, un momento di felicità che durava
pochissimo.
Carnulivàru fui di li cuntènti,
cu n’èppi tàntu e cu annènti. Carnevale si collocava nell’entourage dei
ricchi, tra la schiera della gente contenta dispensando loro allegria a piene
mani e briciole di gioia ai poveri.
Si vivevano, come ancora oggi, i tempi del panem et circenses.
A Mormanno si celebravano così due Carnevali.
Quello del carro e quello dello
spiedo.
Sul
primo si collocavano personaggi ‘ntusciàti[3] che attingendo da borse e tasche, sfrusciàvano,
buttavano, coriandoli misti a confetti, mìnnuli, cospargendoli qua e
là o anche indirizzandoli alle finestre delle case dell’angusto e breve corso
che attraversa ancora il paese ove le signorine di buona famiglia avevano
tutte trovato posto in occasione della festa.
Un americano tornato
da qualche anno, piacente pur se attempato, in cerca di un buon partito con cui
condividere agi e vecchiezza, vero Re Carnevale per la quantità di dolciumi che
distribuiva, non si rendeva conto d’essere riconosciuto benché mimetizzato da
panni e drappeggi. Ahi lui!
Un compagno
buontempone gli aveva attaccato sulla schiena un biglietto contenente una frase
che da tempo ripeteva: I tempi sono critichi, firmato F. di Co. Altra
goliardia!
Durante il periodo
fascista la tradizione fu sospesa.
Ben altre le carnevalate!
Il rito fu richiamato in vita intorno agli anni sessanta
con un carro addobbato e dipinto dal
signor Luigi Grisolia, trainato da un trattore che partecipò pure, ottenendo il
secondo premio, al più fastoso e rumoroso Carnevale
Castrovillarese.
Ritorniamo al passato.
Chi non aveva nulla, usciva di casa con uno
spiedo e una bisaccia. Molti erano padri di famiglie numerose e affamate. Ne ricordo tanti.
Tinto il volto con carbone, vestiti con una
giacchetta rivoltata e con quelle stesse brache d’uso quotidiano, giravano per le vie del paese al grido di a’
zìzza, a’ zìzza salàta !

A costoro veniva pure offerto
del vino che a lungo andare faceva sentire
il suo effetto tanto da farli barcollare e sembrare comparse paragonabili
a quel Cavaliere dalla triste
figura che invece dello spiedo agitava la
durlindana.
Il mercoledì seguente si
celebrava il funerale di Zzu Carnulivàru.
Tale rito era condotto da Rezio. Vestito da prete, posata su un carro una bara nella quale aveva
collocato un pupazzo di paglia,
accompagnato da Zza Coraìsima, un altro fantoccio vestito di nero, camminava per il corso esaltando le
virtù del morto, compiangendolo con alti lamenti.

Questa sceneggiata adescava ed
attraeva molta gente, specialmente ragazzi. Erano frequenti le soste ed i
capannelli. Molte e diverse le variazioni sul tema.
Finito il giro del paese la
processione si fermava poi sùtta’a
gradiàta e qui Rezio dava inizio
ad uno show da far invidia ai migliori comici. Improvvisati e pungenti erano
gli strambotti di memoria fescennina.
Erano tutti accompagnati con
abluzioni di acqua e di vino con le quale benediva la salma prima di avviarsi
in via Faro per seppellirla. La memoria
di tali saturnali oggi è stata sopraffatta da una modernità…
planetaria
In altri tempi Zza Coraìsima, la quaresima, faceva paura. Dopo l’euforica e passeggera ebbrezza si
profilavano ancora tempi duri, tempi di fame, una penitenza lunga peggiore di
quella prescritta e raccomandata. Vèrnu chiùsu, cu ‘nna màngia e cu nò spìa da ‘ù pirtusu.
L’attesa del rifiorire della natura dava
speranza.
Pascareḍḍa con la suafurcèḍḍa avrebbe scacciato la miseria, Coraìsima gàmmi tòrta nascosta arèri à pòrta.
E a Pasqua anche i poveri avrebbero mangiato la cuzzola[5].
[1] Ho
saputo che hai ucciso il maiale; darmi un pezzo di carne della sua faccia. Vedi
il mio Uomini tradizioni usi e costumi di
Mormanno.
[2]
Giunto a noi dalla tradizione napoletana ove si chiama putipu’ o caccavella.
[3] Vestiti con drappi
e stoffe.
[4] A Mormanno esistono due affermati, noti ed apprezzati salumifici, Del Colle Srl - Località San Pietro - 87026 Tel- Fax 0981 81956
e-mail: info@salumidelcolle.eu e Coinas
srl – Via F. Turati,16 87026 tel- 0981 81000, fax 0981841095 e-mail
coinas@tin,it – Pec: info@pecsalumifici coinas.it.
[5] Tipico dolce a
forma di ciambella fatto con farina, uova e zucchero.
Grazie per aver riportato alla mente i ricordi di bambino. Il corteo funebre di Carnevale portato su un carretto con un osso di prosciutto appeso al collo ed un cuscino sotto i vestiti a significare la grande abbuffata che lo aveva portato alla morte. Il corteo funebre seguito da noi bambini e da ragazzi ed adulti...chi con in mano un vecchio forcone, chi con un vecchio scolapasta di alluminio calato sulla testa...il fuoco appiccato al fantoccio di paglia per scacciare i brutti tempi. Niente a che vedere con la sfilata triste di costumi milionari di oggi lontana da ogni memoria popolare e storica
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