sabato 16 gennaio 2016

Carnevale d'altri tempi




Ai miei tempi, Carnevale significava fare una buona mangiata di carne di maiale dopo aver passato mezzo inverno a patate e fagioli, broccoli, cavoli ed altre proteine vegetali.


Ai miei tempi, Carnevale significava fare una buona mangiata di carne di maiale dopo aver passato mezzo inverno a patate e fagioli, broccoli, cavoli ed altre proteine vegetali.


Ai miei tempi, Carnevale significava fare una buona mangiata di carne di maiale dopo aver passato mezzo inverno a patate e fagioli, broccoli, cavoli ed altre proteine vegetali.
Ai miei tempi, Carnevale significava fare una buona mangiata di carne di maiale dopo aver passato mezzo inverno a patate e fagioli, broccoli, cavoli ed altre proteine vegetali.


“Agghju sapùto c’ài accìsu ’u porcu” così il motivo  popolare “dàmi ’nu ‘’ntagghju di sù vucculàru ecc.”[1]
Noi bambini sulla faccia infarinata mettevamo una maschera fatta di carta o cartoncino che copriva solo gli occhi.
Suonavamo il Cùpi cùpi[2] che non costava nulla fatto com’era di una membrana di vello di maiale distesa su un barattolo su cui era ancorato un astuccio di canna che spostando l’aria contenuta nel recipiente trasformato in cassa armonica, produceva un suono sordo e profondo.   
 Il giovedì grasso, più noto a Firenze come Berlingàccio, era meno festeggiato del successivo martedì, l’ùrtimu jùrnu di Carnulivàru, considerato proprio come tempo irripetibile di un’epoca straordinaria.
In quel giorno la gelida aria invernale si impregnava di fumi, di odori, sapori. La sera del fatidico martedì si mangiavano rascatèḍḍi cu sùcu di càrni ’i pòrcu, purpètti di patàni, savuzìzza arrustùta, fritture di pasta mielata.
Nelle càsi fumaròli la sera si ballava al suono di chitarre mandolini e quattro bassi.
Carnulivàru fùi di pàgghjia, dicevano i nonni.
Carnevale era fatto di paglia. Si accendeva rapidamente con uno scoppiettio, un momento di felicità che durava pochissimo.
Carnulivàru fui di li cuntènti, cu n’èppi tàntu e cu annènti.  Carnevale si collocava nell’entourage dei ricchi, tra la schiera della gente contenta dispensando loro allegria a piene mani e briciole di gioia ai poveri.
 Si vivevano, come ancora oggi, i tempi del panem et circenses.
 A Mormanno si celebravano  così due Carnevali.
Quello del carro e quello dello spiedo.
 Sul primo si collocavano personaggi ‘ntusciàti[3] che attingendo da borse e tasche, sfrusciàvano, buttavano, coriandoli misti a confetti, mìnnuli, cospargendoli qua e là o anche indirizzandoli alle finestre delle case dell’angusto e breve corso che attraversa ancora il paese ove le signorine di buona famiglia avevano tutte trovato posto in occasione della festa.
Un americano tornato da qualche anno, piacente pur se attempato, in cerca di un buon partito con cui condividere agi e vecchiezza, vero Re Carnevale per la quantità di dolciumi che distribuiva, non si rendeva conto d’essere riconosciuto benché mimetizzato da panni e drappeggi. Ahi lui!
Un compagno buontempone gli aveva attaccato sulla schiena un biglietto contenente una frase che da tempo ripeteva: I tempi sono critichi, firmato F. di Co. Altra goliardia! 
Durante il periodo fascista  la tradizione fu sospesa.
Ben altre le carnevalate!
Il rito fu  richiamato in vita intorno agli anni sessanta con un carro addobbato e dipinto dal signor Luigi Grisolia, trainato da un trattore che partecipò pure, ottenendo il secondo premio, al più fastoso e rumoroso Carnevale Castrovillarese.
Ritorniamo al passato.
 Chi non aveva nulla, usciva di casa con uno spiedo e una bisaccia. Molti erano padri di famiglie numerose e affamate.  Ne ricordo tanti.
 Tinto il volto con carbone, vestiti con una giacchetta rivoltata e con quelle stesse brache d’uso quotidiano,  giravano per le vie del paese al grido di a’ zìzza, a’ zìzza salàta !
Mano a mano lo spiedo si riempiva di savuzìzza e còtichi (e quando non ne conteneva più veniva svuotato  nella sacca portata a tracolla[4].
A costoro veniva pure offerto del vino che a lungo andare faceva sentire  il suo effetto tanto da farli barcollare e sembrare comparse  paragonabili  a quel Cavaliere dalla triste figura che invece dello spiedo agitava la  durlindana.
Il mercoledì seguente si celebrava il funerale di Zzu Carnulivàru.
Tale rito era condotto da Rezio. Vestito da prete, posata    su un carro una bara nella quale aveva collocato un pupazzo di paglia, accompagnato da Zza Coraìsima,  un altro fantoccio vestito di nero, camminava per il corso esaltando le virtù del morto, compiangendolo con alti lamenti.
Tra le cause di questa morte improvvisa si elencavano tutte le vettovaglie che aveva mangiato il giorno prima senza neppure levarsi da tavola! La lista era lunga ed…impressionante!
Questa sceneggiata adescava ed attraeva molta gente, specialmente ragazzi. Erano frequenti le soste ed i capannelli. Molte e diverse le variazioni sul tema.
Finito il giro del paese la processione si fermava poi sùtta’a gradiàta e qui Rezio dava inizio ad uno show da far invidia ai migliori comici. Improvvisati e pungenti erano gli strambotti di memoria fescennina.
Erano tutti accompagnati con abluzioni di acqua e di vino con le quale benediva la salma prima di avviarsi in via Faro per seppellirla.  La memoria di tali saturnali  oggi è stata sopraffatta da una modernità… planetaria
  In altri tempi Zza Coraìsima,  la quaresima, faceva paura.  Dopo l’euforica e passeggera ebbrezza si profilavano ancora tempi duri, tempi di fame, una penitenza lunga peggiore di quella prescritta e raccomandata. Vèrnu chiùsu, cu ‘nna màngia e cu  nò spìa da ‘ù pirtusu.
L’attesa del rifiorire della natura dava speranza. 
Pascareḍḍa con la suafurcèḍḍa avrebbe scacciato la miseria,  Coraìsima gàmmi tòrta  nascosta arèri à pòrta.
 E a Pasqua anche i poveri  avrebbero mangiato la cuzzola[5].


[1] Ho saputo che hai ucciso il maiale; darmi un pezzo di carne della sua faccia. Vedi il mio Uomini tradizioni usi e costumi di Mormanno.
[2] Giunto a noi dalla tradizione napoletana ove si chiama putipu’ o caccavella.
[3] Vestiti con drappi e stoffe.
[4] A Mormanno esistono due affermati, noti ed apprezzati salumifici,  Del Colle Srl - Località San Pietro - 87026  Tel- Fax 0981 81956   e-mail: info@salumidelcolle.eu e Coinas srl – Via F. Turati,16 87026 tel- 0981 81000, fax 0981841095 e-mail coinas@tin,it – Pec: info@pecsalumifici coinas.it. 

[5] Tipico dolce a forma di ciambella fatto con farina, uova e zucchero.

1 commento:

  1. Grazie per aver riportato alla mente i ricordi di bambino. Il corteo funebre di Carnevale portato su un carretto con un osso di prosciutto appeso al collo ed un cuscino sotto i vestiti a significare la grande abbuffata che lo aveva portato alla morte. Il corteo funebre seguito da noi bambini e da ragazzi ed adulti...chi con in mano un vecchio forcone, chi con un vecchio scolapasta di alluminio calato sulla testa...il fuoco appiccato al fantoccio di paglia per scacciare i brutti tempi. Niente a che vedere con la sfilata triste di costumi milionari di oggi lontana da ogni memoria popolare e storica

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