sabato 18 giugno 2016

G. Donadio da Mormanno, architetto della Napoli rinascimentale.



 Giovanni Donadio, detto il Mormando.

Organaro ed architetto.
Forse nacque il 1449 e morì il 1530.

Vedi E.Pandolfi Catalogo degli scrittori di Mormanno, tip.dello Sparviere, 1900, Mormanno. Non sono citati documenti

Di certo si sa che il 2 novembre 1492, tramite tale notaio Malfitano, legò, i suoi beni alla Chiesa di Santa Maria della Colla o del Colle di Mormanno, lasciandone l’usufrutto alla sorella Valenzia.
Massimo Rosi, studioso del Nostro, pur non indicando una precisa data di nascita, ne ipotizza la morte nel 1545 essendo, come dice, in possesso di dati certi anche se poco numerosi, in relazione ad una sua trentennale cittadinanza napoletana, (1483 - 1513).

M. Rosi Rilievi Mormandei, Fiorentini editore Napoli, 1987. Secondo lo studioso, Donadio giunse a Napoli tra il 1483 e il 1485.

La lapide posta in piazza Umberto I a Mormanno data la nascita al 1445 e al 1525 la morte.

Anche tali date sono poco attendibili perché non altrimenti documentate

In una Napoli che si era trasformata da regno a viceregno a seguito della vittoria degli spagnoli sui francesi (1503) molti feudatari cominciarono a trasferirsi nella città e riedificando le loro dimore, diedero un grande impulso allo sviluppo edilizio della Capitale.
In questo periodo vi arriva Giovanni Donadio. E’ probabile che abbia conosciuto e frequentato, tra il 1485 e il 1490, Giuliano da Maiano, allora presente a Napoli.  

Vedi: Villa di Poggio Reale (distrutta) e Porta Capuana, ultimata da Luca Fancelli da Settignano (Fi) allora al servizio del Duca di Calabria.

E’ certo che lo stile mormandeo derivò da quello toscano arricchito da elementi catalani e da reminiscenze classiche dell’hinterland partenopeo che alla fine prevalgono maggiormente nella sua opera. Molte sono le opere attribuitegli. Gran parte sono distrutte o disperse. In Napoli edificò:


·   - casa dei Mormando in via San Gregorio Armeno n.28, anno 1507; è considerata tradizionalmente la sua abitazione; evidenti, nel cortile, le tipiche forme di un palazzo napoletano del ‘500 con il loggiato di fronte all’ingresso e la scala aperta sul lato;                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
-   palazzo Corigliano-Saluzzo, in piazza S. Domenico Maggiore. Fu eretto per Giovanni di Sangro.
Oggi è sede dell’Istituto universitario orientale.
Fu rimaneggiato dopo il terremoto del 1688, ampliato e ristrutturato nel XVIII secolo e ancora nel 1850 da Gaetano Genovese. Mantiene le forme cinquecentesche nella parte basamentale e sontuosi  ambienti  con soffitti ornati da superbi stucchi dorati. Il suo interno rococò, opera di artisti locali diretti da Filippo Buonocore, è il più bello e meglio conservato della città.

·       palazzo del Panormita (ingresso in via Nilo n. 26), iniziato sul finire del sec. XV per Antonio Beccatelli, detto il Panormita, fu portato a termine nel primo ventennio del XVI secolo da Francesco Di Palma;

·       palazzo Matteo Acquaviva duca d’Atri presso S. Pietro a Majella, 1509-1514;

·       palazzo Luigi de Raymo presso la grotta di S. Marino a Capuana,  1511;

·       palazzo Antonio Carafa duca d’Andria piazza S. Marcellino, 1513;

·   -  palazzo Marigliano, via S. Biagio dei Librai 39, con la sua elegante facciata rinascimentale è tra i più significativi  dell’architettura civile del 500 napoletano. Fu costruito tra il 1512 e il 1513 per Bartolomeo di Capua Conte d’Altavilla e restaurato nel XVIII secolo; nel salone del piano nobile - sede della soprintendenza archivistica della Campania – si trovano  resti di affreschi di Francesco De Mura; 
            
·          palazzo Ferdinando Diaz Carlon conte d’Alife 1515-1516;

·          chiesa di Santa Maria Stella del Mare via De Blasis, 1515-1516;

 
·  -  cappella di San Giacomo della Marca, 1506, forse attribuibile;

·      -      probabile autore, in virtù di alcuni suoi viaggi, del progetto del Duomo di Catanzaro del quale nulla resta essendo stato distrutto ben tre volte dal terremoto;
 
·     -    forse, stando alle indicazioni del Tafuri, progettista del San Michele di Vibo Valentia, opera sulla quale ancora non si è portata l’attenzione degli studiosi; 
  
·     -    anche a Crotone esiste un edificio caratterizzato da un portale così detto mormandeo.               

·       Come organaro costruì strumenti eccellenti.
Se ne ricordano:
- due per gli Aragonesi nel Castel Nuovo di Napoli;
- ed uno per la chiesa di Santa Maria della Pace in Roma .

Vedi: Umbero Caldora, G.D., in “Brutium”, anno XXXIV, n. 5-6, 1955; e anno XXXV, n. 1-2, 1956.

A proposito di organi una non meglio definibile leggenda metropolitana, riportata fino a qualche tempo anche da una tv locale, faceva intendere che lo strumento che troneggia in Santa Maria del Colle di Mormanno fosse opera del Donadio. 

In altro mio scritto, Mormanno un paese…nel mondo 2.a edizione, Phasar Firenze, cui si rimanda, smentivo la notizia dimostrandone l’infondatezza.
L’organo che qui vediamo nella sua magnificenza, fu costruito nel 1671 e huc traslatum (qui portato, sistemato) nel 1781, quindi apparteneva ad altra chiesa. Erano gli anni in cui si stava portando a termine la costruzione della parrocchiale che poi verrà consacrata il 5 settembre del 1790. 

Sarebbe bello poterne documentare la provenienza ma non esistono atti in merito.
Fu genero di Giovanni Donadio per aver sposato la figlia Diana, un altro architetto, Francesco de Palma, che terminò molti edifici già iniziati da Giovanni e che pure fu chiamato il Mormando.

Tale cognome fu successivamente attribuito ad altri due suoi discendenti attivi nel campo delle costruzioni.  

     Nicola Leoni attribuisce a Francesco che chiama Mormanno alcune opere di Giovanni, tra cui la Chiesa di S. Maria Stella del Mare, nella quale, come afferma, lo stesso Francesco sarebbe stato sepolto nel 1529.

Della Magna Grecia e delle Tre Calabrie, Napoli nell’anno 1844, Tip. V. Priggiobba, calata S. Sebastiano, Vol. I e II, pag.187-188.

Riporta poi un’epigrafe  apposta nella stessa da cui si evince che Francesco l’avrebbe costruita nel 1519.

 Franciscus Mormannus
architectus Ferdinandi regis catholici
pro musicis istrumentis gratissimus
sacellum vetustate collapsum
sua pecunia fundamentis restituit
formamque in meliore redegit
anno salutis MDXVIIII

Traduzione: Francesco Mormanno, architetto del re Ferdinando il Cattolico, molto bravo nella musica strumentale, nell’anno 1519, con proprio denaro, ricostruì dalle fondamenta questa chiesetta ormai distrutta dal tempo e le diede l’attuale migliore forma.                                           
 Il Leoni confonde Giovanni con Francesco che, fra l’altro, è chiamato anche musico, quando si sa che fu proprio Giovanni il maestro organaro.

L'immagine a punta di matita è custodita nella Biblioteca Civica ed è assegnata a Francesco De Palma.
 
   Lo stesso Leoni parlando di Francesco Mormando lo riconosce autore del completamento della Chiesa dei Santi Severino e Sossio, del rifacimento del palazzo Filomarino della Rocca (numero 12 di via B Croce), di un edificio di delizia presso la riviera di Chiaia per i signori Cantalupo e di altre fabbriche in Madrid.
                                   
    

   Ma ritorniamo a Giovanni.

Per onorare la memoria di tanto illustre concittadino, nei giorni 20 e 21 agosto 1995, il Comune di Mormanno, sindaco il professore avvocato Giuseppe Cersosimo, coadiuvato dall’assessore alla cultura professore Rocco Regina, del ragioniere Sandro Florio e dell’avvocato Nicola Arcieri, che lo presiedette e coordinò, organizzò un Convegno di studio sulla vita e l’opera di Giovanni Donadio.
Furono presenti autorità politiche provinciali e regionali, la soprintendenza regionale alle belle arti, studiosi dell’università di Napoli, tra cui il professor Massimo Rosi che allestì anche una mostra fotografica delle opere più significative del Nostro.
Un deplorevole ed inspiegabile silenzio è calato sull’avvenimento che si proponeva come momento iniziale per la valorizzazione e la ricerca di altre probabili opere dell’illustre concittadino e per il loro studio e divulgazione.                                                                                                                          
                                                             



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